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sabato 2 febbraio 2013

Calvino e Rodari per la lettura dei bambini

Il nostro consiglio di oggi è per tutte le persone che spesso frequentano la biblioteca o le librerie e devono scegliere un volume per la lettura dei ragazzi. Come scegliere bene? A chi affidarsi? Abbiamo deciso di ricordare, per chi lo avesse dimenticato, che la letteratura italiana ha due grandi scrittori che tra le tante opere che hanno scritto si sono occupati anche dei bambini, della letteratura per l'infanzia quindi. Parliano di Italo Calvino e di Gianni Rodari, due dei più grandi intellettuali italiani. Sarebbe inutile parlare delle loro vite, la loro biografia la conoscerete sicuramente bene. Ci soffermeremo invece, in una analisi che speriamo vi piaccia su alcune differenze e su alcune analogie che invece caratterizzano il modo di scrivere di questi due scrittori; dicevamo infatti in precedenza che alcuni dei loro lavori sono molto consigliati per un pubblico di giovani, di bambini o adolescenti. Ora ci chiediamo tra le altre cose: Calvino e Rodari avevano l'intenzione di rivolgersi a questo genere di pubblico? La risposta ve la daremo cercando di analizzare due capolavori di questi intellettuali per poi invitarvi a far scoprire il loro mondo anche ai più piccoli. Prenderemo in analisi Fiabe Italiane di Calvino e Grammatica della fantasia di Rodari. Non mancheranno però riferimenti ad altri testi degli autori che potranno esserci molto utili in questo nostro viaggio: da Le favole al telefono di Rodari a Marcovaldo o Il sentiero dei Nidi di ragno di Calvino. Non ci resta che augurarvi una buona lettura! 





Perché i due autori decidono di scrivere queste due opere letterarie? 

Siamo agli inizi degli anni ’50 quando la casa editrice Einaudi chiede a Italo Calvino di fare un lavoro che in Italia nessuno ha ancora pensato di fare.
L’Einaudi vuole un’opera che raccolga le fiabe italiane di tutto lo stato. L’idea è quindi quella di un’antologia di fiabe: dalla Sicilia alla Lombardia, tutte le regioni hanno un patrimonio fiabesco da riscoprire. Calvino accetta e in due anni dá vita a quella che oggi conosciamo come la principale raccolta di questo genere nel nostro paese: le Fiabe italiane. Si tratta quindi di una scelta imposta che poi in un secondo momento ha trovato il pieno interesse dello scrittore. Non è però una sua iniziativa personale ma un’esigenza lavorativa. Questa è l’illuminazione di partenza per Rodari. Lo scrittore si nutre di fantasia sin dal principio: ama l’immaginazione e tutto ciò che permette di costruire qualcosa di diverso che non sia necessariamente legato alla realtà. La ricerca della Fantastica è in lui perenne ma soprattutto diventa un’esigenza. Si sente in dovere verso il prossimo: regalare ai suoi bambini un’evasione da quella realtà che non è poi così bella. Come farlo? Servendosi della fantastica, raccontando delle storie << senza il minimo riferimento alla realtà né al buonsenso>> che inventava servendosi delle <>. Questo è quello che si legge nell’antefatto di Grammatica della fantasia di Rodari , e questo è il suo obiettivo. Insegnare a tutti come si inventa una storia. Non fornire quindi una raccolta di fiabe già esistenti ma farne di nuove. Fiabe o favole che prendono il via da semplici giochi di parole, da associazioni mentali, da ricordi. Come fare par inventare un storia? Partire da una parola come sasso ad esempio: trovare le parole che con questa fanno rima, le assonanze, i sinonimi...La lingua italiana è ricca di termini: è impossibile non riuscire a raccontare una favola partendo anche solo da una semplice parola come può essere appunto sasso. Ma da dove parte questo stimolo per la Fantastica? Ce lo dice lo stesso Rodari che sempre nell’antefatto di Grammatica della Fantasia ci da le indicazioni necessarie. Sono stati i Frammenti di Novalis, in particolare: “ Se avessimo anche noi una Fantastica come una logica sarebbe scoperta l’arte di inventare”. Questo come altri frammenti hanno il merito di illuminare lo scrittore che si dice grande debitore di Novalis. E’ vero che Calvino ha dato in ogni caso il suo contributo a ciascun testo rielaborandolo e apportando a volte anche delle modifiche alla trama. Ma non le ha inventate di sana pianta. In Grammatica della fantasia Rodari ci insegna come fare a inventare le favole. E poi in altri libri, come ad esempio Le favole al telefono, le scrive e le racconta rivolgendosi ai più piccoli. Nascono così due opere totalmente diverse: quella di Calvino che raccoglie un patrimonio culturale e quella di Rodari che ci fa capire come questo patrimonio potrebbe essere nato e soprattutto come continuerà ad arricchirsi nel tempo.

 Il mondo dei bambini 

Entrare a contatto con il mondo della fiaba è un’esperienza del tutto nuova per Calvino che non nasce di certo come scrittore per ragazzi. Conosce poco il mondo dei bambini o meglio, conosce quello che altri hanno scritto sui ragazzi rendendoli molto spesso protagonisti di capolavori della letteratura europea e non solo. La sua scrittura è impregnata di questo mondo, basti pensare a Il sentiero dei nidi di Ragno dove il protagonista è un giovane adolescente cresciuto in un mondo che è ben lontano dall’essere quello fiabesco. L’approccio però all’universo dei ragazzi è totalmente diverse da quello di Rodari che invece sin da subito è entrato in contatto con il mondo dei più piccoli. E’ lui stesso a dirci, sempre nell’antefatto di Grammatica della fantasia, di come vive a contatto con i bambini. Sia nei momenti difficili come quelli precedenti alla guerra sia in seguito quando insegna nelle scuole. Non si definisce un buon maestro, di certo non è stato uno di quelli che annoiano i bambini. Grazie a loro si divertiva a creare quelle storie sempre nuove derivanti da giochi di parole. Si divertiva a raccontare. Calvino ha raccolto del materiale che in parte a volte subisce anche l’influenza della sua esperienza personale. Ma non è lui il narratore che pensa di rivolgersi al mondo dei piccini. Questo almeno nella Fiabe Italiane. Lo farà molto probabilmente poi in altre opere come ad esempio in Marcovaldo. Anche lì però c’è sempre quel sottile confine tra ciò che è per gli adulti e ciò che invece è destinato a un pubblico maturo. In poche parole quello che vogliamo dire è che forse per Rodari è molto più semplice trovare la giusta chiave per essere ascoltato dai bambini non fosse per altro che con loro passa gran parte delle sue giornate. Ai bambini sono dedicati molti libri di Rodari ma anche nella sua opera teorico-pratica, Grammatica della fantasia, l’attenzione per il mondo dei più piccoli non manca. In particolare lo scrittore sceglie proprio di scrivere due capitoletti, il trentottesimo e il trentanovesimo, dedicandoli ai bambini: “ Il bambino che ascolta le fiabe” e “Il bambino che legge i fumetti”. <>. Con un incipit così non passa di certo inosservato il valore che lo scrittore possa dare alla fantasia. La fiaba però è anche il modo o meglio lo strumento, forse uno dei pochi, che il bambino ha per tenere vicino a sé l’adulto. La mamma e il papà che raccontano la fiaba devono necessariamente lasciare tutto. 




L’apoteosi di questa convinzione si avrà con Favole al telefono: il ragionier Bianchi, di Varese, tutte le sere in qualsiasi posto si trovi, metterà dei gettoni nella cabina telefonica per chiamare la sua bambina e le racconterà, ogni volta, una favola diversa. Una bambina che senza il suo papà dice di non potersi addormentare è un po’ come chi dopo la prima fiaba ne chiede un’altra. Ma l’interesse non è per quello che si racconterà ma per il fatto che si percepirà la presenza del genitore. “ ne voglio un’altra” o “ ancora” non saranno quindi sinonimo di interesse per la principessa perduta in un bosco o per il rospo in attesa di un bacio. Saranno semplicemente una richiesta implicita di affetto. <>. La fiaba per costruire strutture mentali, per entrare in rapporto con gli altri partendo dal proprio “io”. Rodari definisce la fiaba come “un’iniziazione all’umanità” riprendendo una definizione di Calvino il quale sottolineava come il bambino grazie alla fiaba entra in contatto con il mondo dei destini umani. Un punto in comune. Del resto, come abbiamo già scritto, che il bambino abbia una straordinaria importanza nei percorsi degli scrittori è innegabile, come è anche innegabile il fatto che da sempre e per sempre la fiaba, anche solo nell’essenza del termine, continuerà a legarsi alla sua figura. Tanto in Calvino quanto in Rodari la fiaba è una proiezione di quello che il bambino troverà nel suo futuro. I caratteri dei personaggi che si trovano nei racconti, pur essendo di fantasia, richiameranno quelli reali. Di conseguenza una fiaba parlerà di quello che potrebbe essere il mondo del lavoro, un’altra della scuola: il futuro è scritto su quei libri tutti colorati. Ascoltare per apprendere e non trovarsi inermi di fronte poi a un mondo che non concede nessun tipo di sconto. E’ strano pensare che possa essere così ma leggendo sia Calvino che Rodari questa convinzione può essere ben capita e facilmente digerita. E proprio per questa importanza che entrambi danno alla figura del bambino in quanto fruitore e destinatario non si può parlare di un ascoltatore tipo, di un ascoltatore ideale. Ogni bambino ( ma molto probabilmente è così anche per i grandi) percepisce la fiaba a suo modo, la decodifica secondo la sua esperienza personale ma non secondo delle leggi uguali per tutti. Tutto ciò avviene secondo leggi personalissime.  Come abbiamo già scritto, Calvino quando pensa a Marcovaldo pensa al fumetto. E’ questo il suo punto di partenza. Se la decodifica dei personaggi da questo punto di vista è facile da fare per chi ha un’esperienza letteraria, come si approcciano invece i bambini in questo caso? E’ proprio questo che cerca di capire Rodari. Se infatti il bambino prima è solo ascoltatore, per una condizione facile da intuire, non sa leggere e scrivere, in un secondo momento, diventa anche lettore. Di fronte a un fumetto quale sarà il suo tipo di approccio? Per prima cosa il bambino deve riconoscere i personaggi, riuscire a capire come si posizionano nello spazio e seguirne i movimenti. Dare loro una voce, attribuire le battute, capire cosa fa un personaggio piuttosto che un altro. Il ruolo di chi ha disegnato il fumetto è di incredibile importanza: l’immagine sarà decisiva nel momento delle decodifica. <>. Partendo da quest’ultima frase possiamo capire come ancora una volta i destini dei due autori si incrocino. Chi legge decodifica le informazioni a suo modo. Lo scrittore offre un qualcosa che in modo diverso viene interpretato, come succedeva già nel racconto. Chi legge però va alla ricerca di qualcosa. Se prima infatti il bambino si nutriva di fiabe in parte per avere l’affetto della mamma o del papà, adesso è cresciuto e va alla ricerca di altro. Il compito dello scrittore diventa quindi più difficile di quello di chi prima raccontava la fiaba. Anche in questo caso, non sarà tanto il contenuto, quanto la presa diretta con la forma e la sostanza dell’espressione del fumetto stesso. Cosa vuole il bambino? Vuole impadronirsi del mezzo. Questa è la convinzione da cui secondo l’idea di Rodari dobbiamo partire.


 I metodi e gli obiettivi 

Se, come abbiamo già detto, l’obiettivo di Calvino è quello di mettere in piedi una raccolta di fiabe popolari italiane non si può dire che questo sia lo stesso di Rodari, almeno non totalmente. Calvino le favole le inventa a partire da un gioco di parole, un errore grammaticale, un’associazione mentale, uno stato d’animo. Rodari prima ci dice come nasce una storia, ci insegna i trucchetti per raccontarla, in fondo tutti possiamo farlo. E poi ci da un esempio tangibile di come la nostra fantasia possa aiutarci nel comporre decine e decine di fiabe. In realtà quest’operazione avviene comunque in ordine contrario nel senso che lo scrittore elabora le tesi che troviamo in Grammatica della fantasia successivamente, dopo averle sperimentate insomma. Favole al telefono infatti è del 1962 mentre Grammatica della fantasia esce nel 1973. Questo secondo testo è una summa di tutto quello che l’intellettuale negli anni precedenti ha scritto e soprattutto sperimentato. Discorso totalmente diverso va fatto per Calvino che il materiale lo ha già. Deve infatti solo decidere come fare a metterlo in ordine: cosa tenere, cosa scartare, da dove partire...Alla fine opta per un metodo scientifico sottoposto a una sorta di compromesso. Ad esempio, in Fiabe italiane nonostante debba scegliere le fiabe appartenenti a tutta la tradizione italiana resta del parere che non tutte le regioni possono rientrare in questa selezione. Perché? Il suo è un criterio che si basa sulla lingua, in particolare sulla diffusione dei dialetti. Secondo lo scrittore le fiabe del Trentino Alto Adige non devono rientrare in questa raccolta mentre invece sceglie e seleziona alcune che appartengono alla tradizione della zona di Nizza. O ancora inserisce fiabe provenienti dalla Corsica. Un lavoro davvero attento e minuzioso quindi anche perché il suo obiettivo non era quello di rivolgersi a un pubblico generico ma a un pubblico colto che prendeva quindi in mano un libro frutto di intense ore di revisione filologica. Non manca in ogni caso anche in questo lavoro la componente biografica quasi sempre presente nelle opere di Calvino. Possiamo dire che alla fine l’obiettivo è raggiunto: anche noi in Italia abbiamo una raccolta di fiabe che rispecchiano la tradizione di un popolo con centinaia di anni di storia.

 In Grammatica della fantasia Rodari mostra invece i vari strumenti, alla portata di tutti, utili per costruire le fiabe. Il punto di partenza potrebbe essere la semplice parola “ciao” oppure tutto potrebbe nascere da un errore creativo. Non mancano le fiabe al rovescio, le insalate di favole e le fiabe in chiava obbligata. Impossibile dopo aver letto questo libro, anche per i meno fantasiosi, non trovare uno spunto per un racconto. Basta tener presente la “matematica” delle storie: tutto ha un senso logico, anche per chi, molto spesso, ha scritto senza neppur sapere di star seguendo un filo. Secondo Rodari infatti sarebbe lecito partire da un ragionamento e poi sviluppare una struttura logica che sia traduzione di un’intuizione fantasiosa. Tutti quindi devono e possono inventare racconti. Ne è maestro il ragionier Bianchi che racconta ben settanta favole al telefono alla sua bambina. Ogni giorno ce n’è una diversa. Possiamo quindi dire che se l’obiettivo di Calvino era quello di fare una raccolta di fiabe italiane che sarebbe rimasta nella storia della letteratura ci è riuscito, ma allo stesso modo Rodari ha fatto in modo che tutti, dopo una attenta lettura dei suoi testi, diventino creatori di fiabe in tutte le salse. Favole al telefono e Marcovaldo: l’elemento della città che vive la modernità non manca mai L’ultimo aspetto che vogliamo prendere in considerazione nasce dalla lettura delle due opere di Rodari e Calvino. Non ci vuole un’attenta analisi per rendersi conto che entrambi gli scrittori stanno vivendo in un’epoca di forte cambiamento. Messa da parte la guerra e tutto quello che c’è stato in precedenza, l’Italia si prepara alla rinascita. Si vivono gli anni del boom economico e ancor prima inizia la ricostruzione. Le opere dei due scrittori non possono fare a meno di mettere in evidenza questi aspetti che condurranno alla formazione delle nuove città moderne. Troviamo così il tram, mezzo di trasporto utilizzato sia dagli scolari per andare a scuola che dagli operai per andare a lavoro e a esso si collegano altre due tematiche care agli scrittori cioè quella del mondo della scuola e quella del lavoro. In questo senso, Calvino sembra essere più attento al lavoro mentre Rodari per ovvi motivi non perde mai di vista i suoi cari bambini. Ma tornando agli elementi che caratterizzano la città moderna: c’è il semaforo che non permette a Marcovaldo di dormire all’aperto; il semaforo invece si tinge di blu in Rodari e fa impazzire tutti gli automobilisti che non sanno più come comportarsi. Sono abituati a vedere il giallo, il rosso e il verde ma questo nuovo colore proprio non lo conoscono. Intervengono i vigili urbani a riportare la calma. Ma il semaforo blu aveva un significato: aprire la strada verso il cielo e invece nessuno lo ha mai capito. Ci sono poi le insegne luminose che non la smettono di lampeggiare; e c’è il rumore dello stesso tram che in entrambi gli autori è come la sveglia al mattino. Ma a volte il tram o meglio il filobus può regalare anche qualche sorpresa: ad esempio, il lettore si può ritrovare nel primo giorno di primavera in un posto bellissimo dove il tempo non passa mai e tutto è bello. Cosa succede se infatti il conducente del filobus 75 non fa il suo solito percorso e ti porta da un’altra parte? La metafora appare abbastanza chiara: tutti sono stressati dalla vita frenetica della nuova città e pensano solo al lavoro. A volte però il tempo può essere fermato e per magia operai, impiegati del ministero, signore in giro per fare compere e studenti possono ritrovarsi tutti insieme a godersi l’aria pura che in città non c’è più. E sempre a indicare la frenesia della città perennemente in movimento ci pensa anche il marciapiede mobile, una sorta di scala mobile inventata in un pianeta lontano che permette a tutti di fare più azioni contemporaneamente, in modo da non perdere neppure un secondo prezioso. C’è l’ascensore che appare come un elemento alieno: una sorta di navicella che porta il simpatico Romoletto sui diversi pianeti; basta schiacciare un bottone e ti ritrovi su Venere e poi un altro e alla fine stai sulla Luna! Non mancano i riferimenti alle città italiane e agli edifici che le caratterizzano ( pensiamo a “La famosa pioggia di Piombino” oppure a “ Il palazzo di gelato” o ancora a “ La giostra di Cesenatico”). Non mancano gli accenni alle figure dei lavoratori: se Marcovaldo è il tipico impiegato di fabbrica in Favole al telefono emerge invece la figura del ragioniere che lavora in modo autonomo per tutta l’Italia. Il lavoro che serve in questo periodo più che mai per portare avanti la famiglia: in entrambe le opere è il papà che ha la responsabilità del lavoro. Mai nessun accenno al fatto che anche la mamma potrebbe contribuire in qualche modo. Altro elemento della modernità è sicuramente la pubblicità: nell’opera di Calvino cambia da una novella all’altra e cambia anche in rapporto ai membri della famiglia. I cartelloni pubblicitari vengono scambiati per alberi, le insegne luminose sembrano il cielo stellato e le campagne pubblicitarie dei vari detersivi ricordano le nuvole nel cielo. La pubblicità è sinonimo di frenesia, di consumo, di movimento inarrestabile. E chiudiamo con le figure degli animali. In città è difficile vederne molti, se non quelli domestici.

 Ma in Marcovaldo troviamo le mucche che pascolano e incantano uno dei figli dell’operaio della Sbav tanto che il ragazzo le segue in montagna. Ci dovrebbero essere anche degli uccelli da cacciare e da mangiare con tutta la famiglia: resta invece solo un povero piccione comunale anche magro da gustare tutti insieme…In Favole al telefono troviamo invece anche gli animali esotici. Lo zoo è un nuovo posto da visitare in città. Per una volta però sono gli animali stessi che lo visitano. Ecco quindi il viaggio delle scimmie che incontrano prima la casa dei leoni, poi quella delle giraffe e infine quella delle foche. Fanno un viaggio le scimmie: o meglio si illudono di farlo. Anche qui molto probabilmente potremmo cogliere un riferimento agli uomini che recandosi allo zoo si illudono di entrare in contatto con il mondo degli animali ma in realtà non è così. E’ una realtà ricreata dove le case sono le gabbie: se non c’è libertà non c’è vita. Le gabbie delle zoo potrebbero essere come i nuovi edifici che intrappolano gli uomini nelle convenzioni e al lavoro. Uomini che hanno in comune molto più di quello che credono con le scimmie e i vari animali in gabbia. L’osservazione della realtà si mescola con la fantasia: un viaggio in tanti posti e mondi differenti che però se ben facciamo caso poco si allontanano dal nostro di mondo. 

 Dopo questa nostra analisi torniamo al punto di partenza: quale libri di Calvino e Rodari consiglieremmo ai più piccini? Ecco per voi una lista con le opere che potrete acquistare in libreria o trovare nelle Biblioteche di Roma in particolare presso la Casa del Parco

Le opere di Rodari









Le opere di Calvino










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