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giovedì 7 marzo 2013

La campagna Biblioteche Solidali raccontata da Silvia Bazzocchi

Il diritto alla lettura nei Paesi del Sud del mondo

Biblioteche Solidali è un progetto nato formalmente nel 2006, con l'intento di espandere il diritto alla lettura in luoghi svantaggiati del Sud del mondo, nella convinzione che un paese più informato è sinonimo di una popolazione più attiva e consapevole, nonché maggiormente predisposta al rispetto reciproco e alla pacifica convivenza tra culture differenti.
Alla base di questa meritoria iniziativa vi è infatti l'idea che tanto più un popolo riesce a conquistarsi il diritto alla conoscenza, tanto più si fa arbitro del proprio destino, riacquistando la propria dignità economica, sociale e sanitaria. In questo quadro il ruolo delle biblioteche è fondamentale, in quanto strumenti privilegiati della conoscenza.
Credendo fermamente nella validità di Biblioteche Solidali, abbiamo incontrato Silvia Bazzocchi, responsabile della campagna, per saperne qualcosa di più.

Perché le Biblioteche di Roma, che hanno come obiettivo la creazione di servizi per la propria cittadinanza, si sono impegnate a sostenere e promuovere il diritto alla lettura nei paesi del Sud del Mondo?
Fin dall'avvio del progetto, nel 2005, siamo stati mossi dalla convinzione che i diritti umani, tra cui quello alla lettura, possano affermarsi e consolidarsi solo se ciò avviene in tutto il mondo. Inoltre a nostro avviso l'esistenza di Paesi con gravi difficoltà socio-economiche pone problemi all'intera comunità internazionale. Per ridurre i disagi da cui queste realtà sono afflitte è però necessario favorire una crescita del loro livello culturale, che a sua volta si traduce in un beneficio di cui risentiamo tutti. Per questo l'intera comunità bibliotecaria si è impegnata a estendere in tutto il mondo la possibilità di usufruire della lettura.
Inoltre la campagna si rivolge alla cittadinanza sia per coinvolgerla nella raccolta fondi necessaria a finanziare i progetti, sia creando occasioni per informarla su realtà di cui ha scarsa conoscenza.

Concretamente come viene realizzato il progetto sul campo?
Ogni progetto ha le sue peculiarità a seconda dei luoghi. Generalmente comunque sosteniamo biblioteche già esistenti, talvolta pubbliche, ma molto spesso appartenenti all’associazionismo locale, acquistando materiali che possano migliorare la qualità dei loro servizi. Diamo sempre la massima libertà di scelta al partner locale, facendogli decidere sia gli arredi che i libri, perché non vogliamo imporre una visione del mondo che non rispecchi quella data realtà, né realizzare una “colonizzazione culturale”.

La durata è uguale per tutti i progetti?
No, è variabile. Alcuni sono stati ripetuti per più edizioni, come il progetto “Un libro per Kabul” della onlus ReOrient, realizzato in cinque scuole afghane.
Altre volte abbiamo sostenuto progetti già esistenti, come la "Caravane du Livre" (la Carovana del Libro) di Jamila Hassoune, un'iniziativa volta a diffondere la cultura nelle zone desertiche e nei paesi del sud del Marocco, che ha riscosso un enorme successo con un grande seguito di artisti, scrittori e giornalisti. L’anno nel quale siamo intervenuti noi, il progetto - realizzato in collaborazione con Cinemovel - si chiamava “Caravane du livre au film”.
Avremmo poi voluto continuare questa collaborazione, invitando sistematicamente alcuni editori africani alla fiera della piccola e media editoria "Più libri, Più liberi", per mettere in relazione le nostre case editrici con le loro. Nel 2009 Ne abbiamo ospitati alcuni provenienti dal nord Africa, facendo loro esporre i propri volumi nel nostro stand istituzionale, successivamente però sono subentrate varie difficoltà per la crisi che sta vivendo il mondo dell'editoria e non abbiamo più potuto proseguire.

Come avviene la raccolta dei fondi necessari a far nascere e crescere una biblioteca?
Soprattutto con i salvadanai posti nelle biblioteche che hanno deciso di aderire al progetto, cui affianchiamo le brochure esplicative dell'iniziativa. Alcune biblioteche realizzano anche mercatini solidali, collocando un cesto contenente libri regalati dagli utenti, ma non inseriti in catalogo. Previo consenso del donatore, questi libri vengono dati in cambio di un'offerta libera.
Ci sono poi biblioteche che organizzano specifici eventi volti a raccogliere fondi e al contempo a far conoscere ai cittadini culture e popolazioni di cui spesso non si ha una reale cognizione. Il buffet etnico è una delle iniziative finalizzate alla raccolta fondi, che funziona molto bene quando è fatto in collaborazione con una comunità di migranti ben costituita, capace di realizzare piatti della propria tradizione.
Un'altra fonte di finanziamento è rappresentata dalla vendita dei calendari, come "Mani narranti".
Infine ci sono le erogazioni esterne, provenienti da singoli o gruppi. Talvolta sono state fatte donazioni dalle scuole, tra cui, quest’anno, graditissima quella della scuola materna “La Maisonnette”.

Quali sono stati i risultati finora conseguiti?
Abbiamo lavorato con 24 ONG italiane, realizzando 29 progetti in 20 paesi. Abbiamo creato 8 biblioteche e ne abbiamo sostenute 9, cui si aggiungono alcune iniziative particolari come la "Caravane du Livre" e “La casa dei libri di Baghdad”, un progetto ancora in corso avviato dalla ONG “Un ponte per…” e sostenuto scientificamente dalla Biblioteca Nazionale centrale di Firenze per il recupero dei materiali della Biblioteca Nazionale e dell’Archivio Nazionale dell’Iraq, distrutti dalla guerra del 2003.
Inoltre abbiamo realizzato centinaia di iniziative per un totale di 35-40.000 presenze, cui hanno partecipato circa 400 fra artisti e scrittori, intervenuti gratuitamente. Per ben tre volte (nel 2008, nel 2010 e nel 2011),  siamo stati presenti anche all'evento "San Lorenzo in piazza", organizzato dal III Municipio di Roma Capitale, dove per diverse giornate abbiamo programmato presentazioni di libri,  incontri, conferenze e spettacoli interamente dedicati alla presentazione dei progetti, paese per paese.
In questi anni siamo riusciti a raccogliere 75.000 euro, ossia circa 8-10.000 euro l'anno, per finanziare i progetti di Biblioteche Solidali, campagna nata per impegno comune di Maurizio Caminito e Igino Poggiali, allora Direttore e Presidente dell’Istituzione Biblioteche, della mia collega Paola Montecorboli e della sottoscritta.

Attualmente quali progetti sono attivi e dove li state realizzando?
Al momento ci sono 10 progetti: quattro in Africa di cui due in Kenya, uno in Tanzania e uno in Camerun; due in Sud America, di cui uno in Uruguay e uno in Bolivia, che però è stato sospeso; uno in una zona particolarmente sottosviluppata dell’India; uno in Cambogia, dove eravamo già stati con un progetto di Emergency; uno in Libano e infine uno in Cina, dove stiamo creando una biblioteca all'interno di un monastero nella zona del Tibet.
Ci è sempre stato caro riuscire ad avere progetti in vari continenti, per entrare in contatto con culture estremamente diverse e dare agli utenti la possibilità di conoscerle. Noi stessi impariamo molto.

Ci sono altre iniziative a rilevanza sociale promosse dalle Biblioteche di Roma?
Un altro grande impegno delle Biblioteche di Roma è il Servizio Intercultura, di cui è responsabile Gabriella Sanna. Inizialmente volto a far conoscere la letteratura del Sud del Mondo, suggerendo alcuni acquisti, si è poi sviluppato su quattro direttive principali: il sito Roma Multietnica che ha moltissime visite, le attività svolte con le scuole, la creazione di scaffali in lingua e i corsi di italiano per stranieri.
L'altro progetto straordinario realizzato dall'Istituzione è Biblioteche in carcere, ideato dell'allora Biblioteca Mozart, ora chiamata Vaccheria Nardi, e curato da Graziella Scutellà, Fabio De Grossi e Luciana Arcuri. All'inizio è stato un progetto a termine, poi un'iniziativa stabile che ha portato alla creazione di 21 biblioteche in 6 carceri: Regina Coeli, Casal del Marmo e i quattro istituti penitenziari di Rebibbia. In tal modo i detenuti vengono trattati alla pari di tutti i lettori e inoltre si agevola il loro reinserimento nella società, come dimostrato dai progetti "Ricomincio dai libri" e "Dai libri al lavoro", realizzati nell'ambito della medesima iniziativa. La convenzione stipulata tra le Biblioteche di Roma e il DAP - Dipartimento Amministrazione penitenziaria è stata considerata talmente valida da essere presa a modello dall'AIB per costituire realtà simili in altri enti locali interessati.

Tra i propositi dell'Istituzione vi sono nuovi progetti non ancora realizzati?
Da anni stiamo tentando di mettere su biblioteche ospedaliere, perché ci sembra importante dare ai pazienti la possibilità di leggere. Si tratta, però, di un progetto complicato, sia da un punto di vista organizzativo che economico e ci stiamo ancora lavorando.
A ogni modo l'utenza svantaggiata è infinita, quindi numerosi sono i settori in cui si può intervenire. Ad esempio dovremmo cercare di raggiungere le periferie con attività e servizi che possano combattere la disgregazione giovanile, così come molto bisognerebbe fare per i cittadini con disabilità.

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